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Il mucchio delle ore II
gedicht [ ]
(Ancora tante ore)

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von [inoltre ]

2009-08-05  | [Text in der Originalsprache: italiano]    | 





2° stazione dell’essere
Slittando per strade polverose e stanche del respiro affannato dei cavalli vapore, l’autovettura d’oro colorata, s’infrange nella notte del pensiero.
L’Aureo mezzo incespica nel cordoglio per il passero suicida.
Mi fermo al centro dell’essere
(o quello che sia, purché sia nella manipolazione dei dati
La realtà dell’assunto, assunto il pensiero d’essere o vagamente informato di non essere
Altro che un’immagine realizzata su uno schermo piatto, bidimensionale
Giusto perché vi sia differenza fra il pesce che vive all’interno dell’acquario
e la mia mano che mescola sabbie mobili
e lo stesso tortuoso verme
che a volte s’alza reggendosi per il buco del culo
e si redime in dimensioni ancestrali)
Vago,
mi inietto nuove disposizioni,
il cervello annaspa,
il cuore inghiotte
emozioni silenti.
Nuovamente infrango il turbinare dei pensieri.

L’emozione dipende dal corpo fisico molto meno che la sensazione e dipende dal mondo esterno molto meno che il pensiero.
Emozionato svengo
Perdendo il senso dell’essere stabilizzato
In un centro nevrastenico.
Sostengo il dolore d’esser vivo
Incosciente eppure sensualmente attivato
Al concepimento di nuove dimensioni,
scale ritmiche da mi a mi
saltando toni e semi-toni
in attesa d’eventi prodigiosi o accadimenti
accidenti ch’imprimano eventualità all’essenza essente.

3° stazione dell’essere
Di nuovo l’alba.
Seduto fra uno spazio ancestrale
Ed un terrapieno,
Sento le ossa vagare in determinate posizioni,
danze dai ritmi rapsodici,
scricchiola la spina dorsale
kundalini è di nuovo in piedi.
Sensazioni.
Dove sono? Quale ragione è in m?
Fana-i akham annullamento del giudizio
Fana-i afal annullamento delle azioni
Fana-i sifat annullamento degli attributi
Fana-i zat annullamento dell’essenza

Dove sono? Quale ragione è in me?

Epilogo
L’uomo macchina inconsapevole spinge il piedi sull’accelleratore,
piano piano, forte forte.
Un tremito e poi il nulla.
Pienamente assorto supero il limite di velocità
E scelgo direzioni diagonali.




“E’ necessario lavorare su se stessi in questa vita; altrimenti, prima o poi, si finisce col crepare come un cane rognoso”


Ogni tanto emetto un latrato, poi, mi appisolo nella cuccia, appena fuori la porta di casa in compagnia di bagarozzi kafkiani.

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