Non c’è tempo

Non c’è tempo, più,
levata l’ancora
il ritmo dell’onda
scaglia la schiuma salmastra,
si perde
evanescente
al di là dell’unghia rotta
il rematore,
ritmato lo sciabordio del remo
dal colpo secco
sulla pelle del bue,
il dio del sole
assiso
dopo che l’eclisse
fece evaporare
l’ombra di sé dall’altare.
Chiuso l’uscio
l’idiota
perse il senso
di ciò che rappresenta
e il dito mignolo
indugia
nell’orecchio destro
chiudendo il cerume
le ultime vocali,
prima della verticalità
la condizionalità dell’essere
nella posizione dell’orizzonte.
Ora tutto mi è chiaro
Sento l’oscurità
Passarmi sui polpastrelli
E ascolto il lamento
Dell’entità che occupo,
questo spazio e il mio ingombro.