LA MORTE


Aveva il lungo stelo di fiacche e
Nel pugno stringeva i fiati luminosi degli astri
Aveva gobbe sull’oceano di nervi e
Pinne barbute ai tentacoli di squame.

M’afferrava la schiena con memorie sfalsate,
S’incollava per affondar col trofeo,
Negli abissi infiniti,

Dell’oblio.

Aveva un nome impronunciabile
Spaventoso,
su quale spuntavan montagne di leggende
deserti e scheletri di storie.


Una volta qualcuno provò a resisterle
Con la forza,
Lei se lo succhiò di gusto,
Per poi buttarlo,
Ai cani del cosmo come


Osso

Col più profondo


Disgusto.